LA NASCITA DEL VILLAGGIO DEL FANCIULLO
In un giorno di giugno del 1945 Padre Cerri era stato invitato a parlare nella caserma di Como ai fanti del nuovo Esercito Italiano. Nel cortile di questa caserma vide un bambino in un angolo, vestito con vecchi indumenti militari e con in testa un cappello da bersagliere.
Quel bambino parve un segno del destino: Padre Cerri gli si avvicinò con il suo solito sorriso e facendogli una carezza gli chiese se voleva andare con lui; quel bambino di nome Agostino, gli fece cenno di sì.
A quel tempo Padre Cerri abitava con la mamma Pina e insieme possedevano 30.000 lire.
Con quel denaro, nel 1946, comprarono un piccolo terreno e una baracca di legno ceduta dalla SIAI Marchetti dove si trasferirono assieme ad altri cinque o sei orfani che aveva trovato: ed è proprio da qui che ha inizio la storia del Villaggio del Fanciullo.
Il piccolo sacerdote con la mamma Pina, chiamata così da tutti i bambini, davano da mangiare ai loro protetti tutto quello che riuscivano a racimolare andando a piedi lì attorno e chiedendo qualcosa per sfamare tante bocche. Intanto nei dintorni si cominciò a parlare di Padre Cerri e della sua piccola comunità.
Gli industriali della zona si videro arrivare il giovane prete che chiedeva aiuti per i suoi piccoli ospiti, molti lo ricevevano e gli davano aiuto, i più non lo ascoltavano, ma lui sapeva insistere e ne usciva sempre con qualcosa.
Fu così che pian piano cominciò a sorgere la prima casa e, intanto arrivarono tanti nuovi piccoli ospiti.
Nel 1947 si era arrivati a costruire le prime sei stanze in muratura, che permisero di aumentare a 25 il numero degli ospiti.
Finalmente era così sorta la “Casa dell’orfano”.
Dapprima ospitò solo orfani di guerra, ma col passare del tempo cominciarono ad arrivare nuovi ragazzi, alcuni raccolti nelle strade, altri affidati dal Tribunale dei minori, altri figli delle famiglie povere e numerose che non potevano occuparsi di loro.
Tutti gli ospiti hanno dato una mano a Padre Cerri, a costruire, a lavorare la terra e tenere in ordine la nuova casa, quella casa che sentivano la “loro famiglia” e che, oggi uomini, tengono nel cuore con affetto e tenerezza.
Nel 1948 il numero sempre crescente dei bambini bisognosi di un tetto e di una famiglia, impose di affrontare la costruzione di un nuovo edificio, capace di soddisfare esigenze sempre più vaste e complesse. In pochi mesi, con la collaborazione degli ospiti stessi, la casa venne approntata ed altri bambini vi trovarono asilo.
In tal modo quell’angolino remoto del Varesotto, sulla via del Sempione, dove prima non c’era che il silenzio di boschi e prati, era divenuto un echeggiare di grida gioiose, di giochi e di spensierata serenità.
Nel frattempo, le richieste di nuovi ricoveri erano pressanti: altri bimbi attendevano ansiosi di entrare a far parte della famiglia.
Ma per poterli accontentare e nello stesso tempo portare a termine la sua missione Padre Cerri aveva bisogno ancora di locali, di arredi, di servizi, di materiale didattico, di vestiario, tutte cose che gli avrebbero permesso di avviare questi bambini, ora piccini, alla scuola, ad un mestiere, alla vita.
Padre Oreste Cerri rivolse un accorato appello alla generosità di quanti avrebbero potuto aiutarlo nella sua opera.
Chi desiderava onorare la memoria di un congiunto caduto in guerra, poteva richiedere, mediante offerte, che gli venisse intitolata un’aula o un letto con il nome del caduto stesso.
Qui i ragazzi erano liberi di uscire e muoversi. Dovevano frequentare la scuola durante la mattina, il pomeriggio lavoravano e la sera si riunivano per la preghiera e il pasto prima di andare a dormire.
Qui si sentivano come a casa propria, non in un istituto di correzione. Queste erano le sole condizioni messe da Padre Cerri, un uomo con occhi vivacissimi e dolci nello stesso tempo.
I primi tempi il villaggio era sostenuto dal sostegno di privati caritatevoli. Molti industriali della zona avevano messo a disposizione di Padre Cerri dei letti per i ragazzi, il tavolo per il refettorio, la stoffa per le lenzuola e per i vestiti, ma i bisogni erano tanti e lui non aveva la bacchetta magica.
Un bel giorno alcune donne milanesi venute a far visita a questo buon padre si rivolsero al cuore dei loro concittadini e con l’aiuto di una ben nota signora, che mise a disposizione la sua casa con buffet e orchestra, organizzarono delle feste di beneficenza i cui introiti dovevano servire per comprare le cose più urgenti.
Tutta Milano gli diede una mano e loro riuscirono, con le somme raccolte, a regalare una grande cucina, coperte per i letti, vestiti per i ragazzi, molto cibo e giocattoli per il Natale.
Padre Cerri lo si vedeva poco al Villaggio perché passava parte della sua giornata su di un camioncino per raccogliere offerte e per far conoscere la sua opera nei paesi limitrofi.
Di lì a poco padre Cerri, aiutato da alcune suore, era riuscito ad ottenere l’apertura della scuola elementare all’interno del Villaggio.
Terminato il periodo scolastico, Padre Cerri portava tutti i suoi ragazzi in collina, in una zona chiamata ”La Fagiana”, nella frazione di Cuirone, e non appena la sirena di mezzogiorno della Siai Marchetti suonava, i ragazzi facevano la gara a chi arrivava primo a prendere il cibo che la Direzione elargiva per sfamare i bambini che abitavano al Villaggio.
Nel 1950 è stata avviata la costruzione del Sacrario, che rappresenta il fulcro delle vicende storiche della struttura: esso è dedicato a tutti i caduti e dispersi in guerra.
La sua cripta raccoglie circa 1500 immagini di militari caduti o dichiarati dispersi. Al piano interrato si può visitare la tomba di padre Oreste Cerri.
Alla fine degli anni ‘50 l’opera di Padre Cerri andava sempre più ingrandendosi. In quel tempo fu messa a disposizione l’ex villa Ingegnoli a Castelletto Ticino, che padre Cerri ristrutturò ed arredò chiamandola “Città dei ragazzi” .
Lì cominciò una nuova vita: Padre Cerri, le volontarie milanesi e altri benefattori trovarono per i ragazzi più grandi una soluzione ulteriore avviando dei laboratori di avviamento al lavoro.
Col passare del tempo, agli orfani del conflitto bellico si sono aggiunti e poi sostituiti minori provenienti da realtà diverse, compreso il Tribunale dei minori.
Negli anni Ottanta i minori non vennero più affidati al Villaggio, così padre Oreste Cerri cominciò ad ospitare i primi anziani nelle varie strutture residenziali.
Inizialmente vi era solo una casa albergo per anziani soli e autosufficienti, successivamente vennero aperti reparti per anziani non autosufficienti.
Per continuare il cammino di Padre Oreste Cerri, nel 1998 la fondazione ha ottenuto la qualifica di ONLUS tra le prime in Lombardia, con l’impegno sociale per le categorie fragili: anziani, ragazzi in età scolastica, le famiglie in difficoltà, ragazzi disabili e segnalazioni urgenti.
E così, la storia iniziata quasi un secolo fa, ancora oggi continua…